La tutela delle minoranze linguistiche a dieci anni dalla legge 482/99di Rosa Carbone
Il 3 e 4 dicembre scorsi, ho avuto il privilegio nonché l’onore, in quanto arbëreshe di Lungro, di partecipare al Convegno nazionale sul tema “La diversità linguistica come patrimonio culturale dell'umanità", organizzato da Damiano Guagliardi, assessore regionale al Turismo, Beni Culturali, Minoranze linguistiche, Identità e Culture Locali, assieme ai dirigenti del dipartimento Domenicantonio Schiava (Beni culturali) e Pasquale Anastasi (Promozione turistica).
L’evento si è tenuto presso il Teatro “Politeama” di Catanzaro e vi hanno partecipato le Province calabresi ed una gremita rappresentanza di comuni e studenti appartenenti alle comunità di minoranza linguistica presenti nella nostra regione. Due giorni di larga compartecipazione e di notevole interesse grazie agli interventi di personalità delle istituzioni, importanti esponenti del mondo accademico e civile di tutta Italia.
Il Convegno è stato l’incontro per esaminare lo stato di attuazione della legge 482/99, riguardante proprio la tutela delle minoranze linguistiche storiche presenti sul territorio nazionale, a dieci anni dalla sua approvazione. L'Italia è, infatti, un paese ricco di minoranze linguistiche storiche sia per quanto riguarda la varietà che dal punto di vista della quantità. Secondo le stime del Ministero dell'Interno circa il 5% della popolazione italiana ha come lingua materna una lingua diversa dall'italiano. La legge 482/99 ne riconosce ben dodici:
• lingua albanese: nel Sud Italia
• lingua catalana: ad Alghero
• lingua greca: in alcuni comuni in Puglia e Calabria
• lingua slovena: nei comuni della fascia confinaria orientale del Friuli-Venezia Giulia
• lingua croata: in tre comuni in Molise
• lingua francese: in Valle d'Aosta
• lingua francoprovenzale: in Valle d'Aosta, in alcune valli del Piemonte, a Celle di San Vito e a Faeto in Puglia
• lingua occitana: nelle Valli occitane del Piemonte, nel comune di Guardia Piemontese in Calabria
• lingua friulana: nella maggior parte dei comuni del Friuli
• lingua ladina: nelle vallate alpine delle Dolomiti nelle province di Trento, Bolzano e Belluno
• lingua sarda: in Sardegna
• lingua tedesca e affini: in Alto Adige, in alcuni comuni del Friuli-Venezia Giulia, in alcuni comuni del Veneto, in alcuni comuni della Valle d'Aosta e Piemonte.
Dagli interventi che si sono susseguiti nei due giorni, è emerso che tante cose sono cambiate nell’arco di questi anni, ma molti problemi ancora permangono. L’ onorevole Felice Besostri, relatore della legge in questione alla Camera dei Deputati, ha messo in evidenza la mancata attuazione della legge nell’ambito formativo in determinati contesti territoriali, nonostante sia previsto dall’art. 4 della legge. Di grande esempio e spunto per una riflessione forse ben più ampia, è il caso del Trentino-Alto Adige in cui sono presenti minoranze ladine e tedesche, le cui lingue sono oggetto di studio fin dalla scuola materna! Questo è dovuto al fatto che la regione, con le province autonome di Trento e Bolzano, ha provveduto indipendentemente a concretizzare quello che è previsto dalla legge non accedendo, quindi, ai finanziamenti che ne derivano; inoltre, è dipeso anche da una maggiore sensibilità verso questo importante tema.
Altro fatto su cui intervenire è lo scarso interesse mostrato dalla Rai verso le minoranze linguistiche, nonostante la televisione pubblica, per legge sia tenuta a riservare loro degli spazi. Lo stesso Besostri ha, quindi, asserito l’importanza di una riforma della stessa legge per una migliore tutela delle minoranze e per “aumentare i finanziamenti già esistenti ed evitare il dirottamento di risorse a pioggia che effettivamente penalizzano quei comuni dove ancor’oggi si parlano le lingue minoritarie”; negli ultimi dieci anni, infatti, c’è stato un aumento dei comuni che “falsamente” rivendicano l’appartenenza ad una minoranza linguistica, avendo intravisto i benefici economici di questa realtà.
Interessante l’intervento della dott.ssa Giulia Dal Bò, dell’Istituto per lo sviluppo regionale dell’ EURAC di Bolzano, che ha evidenziato come ci sia poca attenzione verso il potenziale economico rappresentato dalla presenza di una minoranza linguistica; in particolare, tramite uno studio sul turismo in Ladinia, area del Trentino-Alto Adige in cui si parla il ladino, ha mostrato che la presenza di una minoranza linguistica rende la vacanza più interessante per il turista. Questo non è, però, motivo scatenante del viaggio in quanto il turista ne viene a conoscenza solo quando è in loco. È, dunque, opportuno lavorare sulla promozione di questo vero e proprio valore aggiunto per una destinazione turistica. Un impegno che non riguarda solo il territorio di minoranza ladina, quanto anche tutte le altre regioni che non promuovono in maniera efficiente questa realtà.
Come ha affermato lo stesso assessore Guagliardi “Le minoranze linguistiche rappresentano un valore aggiunto nella promozione della Calabria. Sono un pezzo di storia che sopravvive nella modernità. E possono diventare un richiamo nuovo per il turismo. Al mare e alle spiagge da sogno, la Calabria aggiunge i riti tradizionali e il folklore delle comunità arbëreshe, occitane e grecaniche così vicine ai luoghi turistici più noti, ma totalmente sconosciute; può essere davvero un' esperienza unica”. (www.regione.calabria.it)
L’evento è stato anche momento di riflessione oltre che sulle minoranze linguistiche storiche, su quelle presenti nel territorio da tempi più recenti, quindi sulla questione dell’immigrazione: il Consiglio regionale, quest’anno, ha riesaminato e aggiornato la legge sui calabresi nel mondo, e nel contempo, prima Regione in Italia, ha approvato una specifica legge sull’accoglienza; sul metodo, cioè, di regolare e sostenere il diritto di asilo degli immigrati che arrivano in Calabria. Una sfida, questa, molto difficile considerando la problematica situazione in cui viviamo; infatti il mondo dei migranti di oggi è articolato, leso da forti tensioni e segnato da diversità a seconda del paese d'origine, della religione professata, degli usi e costumi, delle tradizioni culturali, di quelle giuridiche e sociali.
In un momento in cui i Paesi europei si dichiarano pronti a dare avvio al libero scambio con l’ “oltre Mediterraneo”, si auspica la messa in opera di programmi concreti da parte dell’Unione Europea con i suoi finanziamenti, ma anche delle singole Regioni e Paesi, che portino all’ effettiva inclusione sociale dei “popoli minoritari”. Un discorso, questo, forse utopistico, ma che potrebbe sanare una grande ferita del mondo di oggi che strumentalizza proprio le varie forme di disuguaglianza sociale, il terrorismo.
L’ augurio e la speranza sono quelli dell’ accoglienza e la convivenza di tutte le etnie presenti in un territorio, ognuna nel pieno rispetto dell’identità dell’ altra. In questo senso, mi pare opportuno citare Luigi Maria prof. Lombardi Satriani, altro relatore del Convegno, che afferma: “L’ identità è strumento di crescita, non da difendere dagli altri”.
di Rosa Carbone