giovedì 17 febbraio 2011

Diario di un viaggiatore: un giorno a Veipo

museo vibo valentia
E’ probabile che un articolo che cominci con la parola “storia” rimanga quasi sempre il meno letto.
La storia non deve essere vista come il peggiore degli argomenti, ma quello della quale intendo parlare non ha nulla a che vedere con le innumerevoli e sole date trascritte qua e là. La storia migliore è quella toccata con mano. La Calabria sa riscoprire i luoghi persi nelle ere, essa ci permette di intraprendere un viaggio, uno di quelli indimenticabili, quindi chiudete gli occhi e seguitemi, il viaggio comincia.
Sulle desolate terre Calabre, immaginate di sentire la brezza leggera del mare, siete al centro di una storia durata millenni, cosa vedete? Semplicemente agglomerati di costruzioni, come noi le antiche civiltà possedevano l’intelletto per ritrovarsi e riunirsi in centri urbani di grande rilievo, adesso, insieme attraversiamo questi centri, restiamo sbalorditi dalle innumerevoli meraviglie che una cultura ci insegna.
Ci troviamo nel pieno di un centro abitato chiamato Veipo, risalente alla seconda metà del VII secolo a.C, legato al disegno egemonico della città madre Locri, questi pochi indizi cominciano a creare un immenso punto interrogativo sulla testa di ignari viaggiatori, stiamo semplicemente parlando di Vibo Valentia. Il visibile sollievo ricomparso sui visi di ognuno di voi ci da la possibilità di proseguire il viaggio, l’importanza della colonia di Veipo rimane quella di controllo della Calabria centrale e del golfo di Lamezia. Ogni singolo reperto che ci ritroviamo a osservare è custodito nel museo archeologico “Vito Capialbi”, semplici opere, che richiamano a culti di grande, immensa portata.
museo vibo
L’archeologia ci insegna a non tralasciare nessuna strada, a non abbandonare nessun frammento lungo di essa, la storia si costruisce attraverso minuscoli dettagli, un oggetto, come per esempio la “laminetta aurea” custodita gelosamente nel museo archeologico di Vibo Valentia, ne è testimonianza, essa risale al III secolo a.C, recante un testo completo di natura Orfica, l’Orfismo non fu altro che il culto misterico per eccellenza da ricondurre probabilmente alla Grecia e non solo, il culti misterici che affondavano le proprie radici nell’antico Egitto e molto prima nella Mesopotamia. La cultura racchiusa in un testo Orfico, racconta della necessità dell’anima di trasmigrare, si parla dei “fiumi dell’Ade”, l’anima che cerca di espiare la propria colpa compiendo un ultimo viaggio che è quello della morte.
Quello che ci da l’opportunità di comprendere, forse in parte la storia di questo culto che molti ricondussero a Dioniso, così simile all’uomo e ai suoi patimenti, alle emozioni e alla morte ingiustificata che colpisce, il più delle volte, senza una ragione ben precisa.
La complessa descrizione del mondo oltre la vita, non ha una sua spiegazione precisa, nè un’età perfettamente databile da poterla ricondurre ad una civiltà egemone, si è solo a conoscenza di un culto che si rivela attraverso la maestria di oggetti devozionali.
Ecco la storia, che riaffiora nelle leggende, nelle cose che tocchiamo, nelle terre che attraversiamo, ogni singolo oggetto del mondo rivela una sua importanza, l’archeologia ci insegna a non tralasciare nulla poiché è nella storia del passato che troviamo le risposte del futuro

Di Antonella Barbieri

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