lunedì 29 marzo 2010

Indonesia: con 10 dollari sei già in paradiso

Vecchie case coloniali e spiagge meravigliose, una natura intatta, un popolo gentile e guesthouse da 10 euro al giorno: ecco le Banda, minuscolo arcipelago indonesiano di nove isole, in uno dei mari con i fondali più ricchi del pianeta, nuova meta da passaparola dei routard ultima generazione. Giovani. Con il desiderio di luoghi fuori dal mondo, lontani dalle normali rotte turistiche, anche dalle comodità, per ritrovare il gusto della scoperta, di approdare per primi su isole vergini. Pazienza se si dorme in alberghi spartani e il Blackberry non funziona. Si rinuncia alle comodità, ma si guadagna il paradiso.


Le Banda sono la classica cartolina dei Tropici prima del motore (e del turismo): sabbia bianca, acque azzurre. Mai sentite? Solo sub e biologi marini conoscono queste terre. Banda Neira è l’isola principale, 9000 abitanti e quattro villaggi: a nord della pista di volo che la taglia a metà, i minuscoli Lautaka, Mangko Batu e Tanah Rata mentre, a sud, sorge la capitale amministrativa, Neira, con le sue casette di sapore coloniale. La vicina isola vulcanica di Gunung Api ripara la baia di Neira da qualsiasi mareggiata, creando un porto naturale proprio davanti al paese. E tutto il via vai marittimo dell’isola – e di tutta la vita – si concentra qui. I traghetti, i pescherecci di legno, le piccole navi giapponesi che stivano il tonno locale, le barche che trasportano viveri, e la noce moscata, la ricchezza di queste isole nel XVII e XVIII secolo, contesa fino alla guerra da inglesi e olandesi.

Tra le viuzze di Neira si staglia un sontuoso, ma ormai decadente palazzo in stile coloniale: è l’Hotel Maulana Banda Neira, simbolo del rinascimento turistico dei primi anni Ottanta, quando il Maulana ha ospitato l’oceanografo Jacques Cousteau, Mick Jagger e Lady Diana, di cui è rimasto un ritratto all’ingresso (tel. 0062.91.02.10.22, doppia circa 104 €). Purtroppo, nel 1999 una guerra civile ha attraversato tutta la regione, facendo sprofondare le Banda nell’oblio. Resta il Maulana, hotel dall’eleganza délabré che ricorda certi struggenti palazzi della vecchia Avana. Meglio la semplicità delle guesthouse. Delfika 2, in una casa moderna sul porto, quattro camere ridotte all’essenziale, ma pulitissime, con pareti bianche e un ventilatore a pala. L’aria condizionata è un’utopia, ma il clima non è mai così torrido da renderla indispensabile (tel. 0062.91.02.11.27, doppia in mezza pensione da 8 €). Come in tutte le abitazioni dell’isola, i bagni hanno, al posto della doccia, il tipico mandi, una vasca per versarsi l’acqua addosso con un mestolone di legno. La Mutiara Guesthouse, invece, è costruita come molte delle abitazioni locali sul modello coloniale: colorata, con vezzi barocchi (tel. 0062.81.33.03.43.377, doppia in mezza pensione da 10 €).

Colline alte più centocinquanta metri frastagliano l’isola, sentieri che s’insinuano tra le coltivazioni di banane da percorrere in bicicletta o motorino sugli sterrati accanto alle piantagioni superstiti di noce moscata: questo è il paesaggio che si disvela fuori Neira. Si notano i mille piccoli appezzamenti coltivati, destinati ad alimentare l’economia – in larga parte di sussistenza – dell’isola. Per affittare biciclette o motorini, la cosa migliore è rivolgersi al proprio albergo o guesthouse; i prezzi non superano i 5 euro al giorno. Sulla collina sovrastante Neira, si erge il fortino costruito dagli olandesi nel 1611, che sembra tenere ancora sotto tiro i due ingressi della baia e le vicine isole di Gunung Api e Banda Besar.

Le spiagge-cartolina si trovano sugli altri isolotti; a Banda Neira si fa il bagno sulla costa nord, raggiungibile a piedi in una ventina di minuti. Altrimenti, sempre attraverso le guesthouse e a prezzi molto bassi, si noleggiano le affusolate barche in legno dei pescatori per approdare, in meno di dieci minuti, alle vicine Pisang, Batu Kapal e Karaka. I fondali sono fantastici, ma è meglio portarsi l’attrezzatura da snorkeling, perché maschere e pinne che si noleggiano in paese non sono perfette. Le altre isole dell’arcipelago sono il luogo ideale dove sentirsi novelli Robinson, ma al calare del sole il gioco finisce: non ci sono neppure guesthouse. A meno che ci si rassegni a dormire in tenda sulla spiaggia o nella camera di qualche capanna dei villaggi che, per quanto puliti e colorati, sono privi di servizi. Ma la fuga può durare anche un giorno solo.

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